Sono ormai molti gli individui, di differenti culture, che meditano per ridurre lo stress psicologico e problemi di salute ad esso correlati. Per consigliare le persone in modo appropriato, sarebbe utile che i medici fossero a conoscenza di ciò che l’evidenza scientifica dice circa i benefici della meditazione in relazione alla salute.
Una ricerca, pubblicata su Jama Internal Medicine e condotta dal dott. Madhav Goyal della prestigiosa Johns Hopkins University, ha confermato il potere della meditazione rispetto all’ansia e ai sintomi depressivi, a quanto pare del tutto simile a quello esercitato dai più comuni antidepressivi e ansiolitici.
Il team americano ha analizzato gli effetti di una forma meditativa molto semplice che si basa sulla concentrazione, sulle tecniche di respirazione e sulla piena consapevolezza dei propri pensieri.
Dei ricercatori indipendenti hanno preso in rassegna 47 studi clinici per un totale di 3500 volontari affetti da depressione, ansia, stress, insonnia, fibromialgia e cancro. Dai risultati emergono dei miglioramenti evidenti soprattutto in caso di ansia, dolori cronici e depressione, legati a un programma di otto settimane che prevedeva mezz’ora di pratica ogni giorno.
Un’altra meta-analisi ha esaminato 16 studi randomizzati e controllati per un totale di 1.295 persone di diverso genere sessuale, età, stile di vita e classe sociale. Lo studio, pubblicato sul Journal of Alternative and Complementary Medicine, ha confrontato i risultati indotti dalla meditazione trascendentale rispetto ad altri tipi di trattamento fra cui la psicoterapia di gruppo e varie tecniche di rilassamento.
I risultati hanno evidenziato la capacità della meditazione trascendentale di ridurre l’ansia in maniera significativa, in particolare quando il disturbo è più evidente. Nei soggetti con ansia stimata al 90esimo percentile, la tecnica ha ridotto il valore fino a farlo arrivare al 57esimo percentile. Chi partiva dal 60esimo percentile, invece, ha beneficiato di una riduzione molto più limitata, arrivando al 48esimo.
Altri sudi si sono spinti ad esaminare gli effetti della meditazione sui geni.
Uno studio pilota è stato eseguito su praticanti il Qi Gong, antica tecnica cinese che, se correttamente praticata, è una forma di meditazione molto efficace. Questo studio ha dimostrato che nelle cellule immunitarie dei praticanti il Qi Gong si verifica un’espressione genica diversa da quella dei non praticanti, che riguarda in particolare i geni che controllano la risposta infiammatoria. Nei neutrofili (cellule immunitarie di prima linea contro le infezioni) dei praticanti il Qi Gong si attivavno prontamente i geni che comandano la fagocitosi e cioè la capacità della cellula di “mangiarsi” batteri e virus. Ciò conferisce all’immunità una forte capacità di risposta ad agenti potenzialmente nocivi.Ma l’aspetto più interessante è un altro. Sempre nei neutrofili di queste persone, dopo la pronta attivazione dei geni per la fagocitosi, si verifica in maniera altrettanto repentina l’ attivazione dei geni per l’apoptosi e cioè del suicidio cellulare programmato. Quest’ultima modalità è fondamentale perché garantisce che una cellula infiammatoria non rimanga troppo a lungo in questo stato, che, se nel breve periodo ci protegge dai patogeni, può, nel lungo periodo, danneggiare l’organismo. Di qui il meccanismo di salvaguardia garantito dall’apoptosi.
In conclusione, in questo primo piccolo studio si è constatato che chi medita ha un profilo di espressione genica che determina un sistema immunitario pronto a rispondere e, al tempo stesso, a tornare rapidamente nei ranghi quando lo stimolo infettivo sia passato.
Uno studio recente ha allargato il campione e ha testato tecniche più semplici. Lo studio, pubblicato su PLOS, è stato condotto nel Mind Body Institute di Henry Benson, pioniere della ricerca sulle tecniche di rilassamento. Una sessantina di persone sono state divise in tre gruppi di uguale entità: un gruppo di praticanti le tecniche di rilassamento di Benson da più di un anno (M); un gruppo di persone in buona salute non praticanti, che quindi fungevano da controlli (N1); un gruppo di praticanti di primo livello, che cioè avevano seguito un corso di base di qualche settimana (N2).
L’indagine sull’espressione genica, realizzata con la moderna tecnica del microarray, che consente la valutazione simultanea dell’espressione di migliaia di geni, ha dato i seguenti risultati: in M (i praticanti da lungo tempo) rispetto a N1 (i non praticanti) troviamo l’espressione differenziale di 2.209 geni, di cui 1.279 sovraespressi e 934 sottoregolati. Ma anche il gruppo N2 ( i praticanti novizi) rispetto a N1 ha espresso differenzialmente 1561 geni, di cui 874 sovraespressi e 687 sottoregolati. Anche in questo studio emerge un profilo di espressione genica nelle cellule immunitarie che conferisce ai praticanti un maggior controllo dell’infiammazione. Ovviamente avremo bisogno di molte altre conferme, ma una nuova entusiasmante strada di ricerca è stata aperta: la valutazione degli effetti della meditazione sui geni, infatti, ci può spiegare l’efficacia clinica di questa pratica.
L’ente governativo USA di ricerca medica, sta finanziando studi per verificare gli effetti della meditazione in malattie come:
ipertensione, ischemia del miocardio, dolore cronico, malattia infiammatoria intestinale, infezione da Hiv, dipendenze da droga e da cibo. In queste e in altre condizioni abbiamo già studi che attestano il valore aggiunto della meditazione: infatti quando essa viene affiancata alla terapia standard, i pazienti hanno un miglioramento superiore alla norma.
Anche in Italia cominciamo ad avere esperienze al riguardo. Dopo un corso di meditazione di base della durata di 30 ore, si verifica un rilevante abbattimento della sintomatologia di tipo depressivo, ansioso, di somatizzazione e inadeguatezza. Lo studio, presentato al recente Congresso della Società italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia da Antonia Carosella, maestra di tecniche meditative, dalle psicoterapeute Raffaella Cardone e Monica Mambelli, dalla psicologa esperta in statistica Marisa Cemin e da Francesco Bottaccioli, ha preso in esame oltre 70 partecipanti ai corsi di “Meditazione a indirizzo Pnei” condotti da Carosella e Bottaccioli. I partecipanti ai corsi sono stati studiati con il Symptom rating test, uno strumento scientifico che consente la valutazione del cambiamento sintomatologico. All’inizio del corso il punteggio totale della sintomatologia era di 18,9. Il test alla fine del corso (retest) ha registrato 5,8, con una riduzione dei sintomi di più di tre volte rispetto all’inizio del corso.
La meditazione appare quindi indiscutibilmente un alleato nel mantenimento di uno stato di salute armonico e nella riduzione di numero ed entità delle manifestazioni patologiche. E’ dunque auspicabile che si sviluppino nell’ambito della medicina ospedaliera un’atteggiamento di apertura e uno spirito di integrazione, che permettano di far confluire le conoscenze e metterle al servizio della salute. L’altro aspetto di grande valore che scaturisce dalla pratica meditativa è quello di ricondurre l’individuo ad attore ed autore principale della salute e della guarigione, promuovendo un’ecologia di vita in cui la consapevolezza ed il contatto costante dell’individuo con la sua profondità siano alla base di ogni espressione.
Per questo la pratica meditativa non va concepita limitatamente come antidoto alla malattia, ma riscoperta come sorgente e nutrimento di ogni esistenza.
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